Dal libro...Architettura e Modernità
PARTE SECONDA –
L’ETA’ DELL’INDIVIDUALITA’: 1929-1939
DAL SANATORIO DI
PAIMIO A FALLINGWATER
La parte seconda del volume si apre con la
contestualizzazione del crollo della borsa di Wall Street, avvenuto nel 1929,
che rappresenta la prima vera crisi del sistema produttivo della rivoluzione
industriale.
Anche l’architettura attraversa in questo periodo, un
momento di crisi, il Bauhaus è costretto a chiudere nel 1933 a seguito
dell’ascesa del nazismo.
Sono gli anni dei CIAM, vengono affrontati temi come quelli
della casa minima, il tema del quartiere e dei sistemi di urbanizzazione.
È il momento dell’International Style; il vetro e l’acciaio
diventano il nuovo simbolo del nuovo stile che funziona bene ed è anche
economico ed efficiente.
Nel campo della nuova architettura avviene una separazione
tra il nuovo approccio dei CIAM in Europa e il Nord America. La fase delle
avanguardie entra in crisi, gli architetti di questo tempo si trovano a dover
coniugare le conquiste dell’avanguardia (astrazione, dinamicità) con un sentire
individuale, personalizzato, storico. Sono tre gli architetti che rispondo a
questo dilemma, se pur in modo differente: Frank Lloyd Wright, Alvar AAlto e
Giuseppe Terragni. Ritengono che le risposte devono radicarsi in una poetica
personale; le soluzioni dell’architettura sono diverse per cultura, per
sentire, per situazioni.
L’ONDA DI ALVAR AALTO
Arriva dalla Finlandia un’architettura bianca, splendente,
ma diversa da quanto si conosceva fino ad allora. Il Sanatorio di Paimio è la
prima prepotente evoluzione rispetto all’edificio del Bauhaus, ritroviamo le
basi di Gropius (trasparenza, elenco funzionale, disposizione libera dei
volumi).
Se per un italiano come Giuseppe Terragni la presenza del
passato è fondamentale, per Aalto rappresenta lo sfondo, il segno,
l’imprinting. In questo senso la Finlandia è una terra dove la presenza dei
boschi e dei laghi è parte dell’esperienza quotidiana. Il giovane architetto
cerca un legame tra costruzione e ambiente.
La sede del giornale “Turun Sanomat” vince nel 1928 il
concorso del Sanatorio; una specie di manifesto del funzionalismo tedesco:
facciata liscia e astratta con interni dove i pilastri hanno forma
trapezoidale. Aalto si presenta al CIAM di Francoforte presentando le sue idee
con le mani e le espressioni, con gli schizzi. Per Aalto era importante
rivelarsi, vivere l’architettura con gli altri. Qui la dottrina funzionalista
comincia ad essere scossa dalla sua personalità.
A metà degli anni 30 Aalto sviluppa ed estremizza quanto
trovato a Paimio. Il tema del collage permea nella sua Villa Mairea, ricca di
palette di materiali, cromatismi, tessiture. Gli studi sulla funzionalità degli
ambienti invece permeano nella sua Biblioteca di Viipuri.
Il tema della curva e dell’onda ricorre nelle opere di design,
quanto in quelle di architettura, come nel Padiglione finlandese di New York
del 1939. Un muro ondeggiante inclinato verso l’interno è creato da tre bande
di legno che si sovrappongono in aggetto progressivo una sull’altra.
Aalto capì come superare e al tempo stesso fare suo il
romanticismo di Saarinen, come abbandonare gli stilemi del classicismo alla
luce anche di nuove spazialità, come rendere proprio il funzionalismo tedesco e
come superare alcune rigidezze di Le Corbusier. Aalto rivela alla cultura
architettonica degli anni 30 come combinare il mito della funzionalità
macchinista con la presenza di una natura buona, accogliente, calma come le
foreste e i laghi finlandesi.
GIUSEPPE TERRAGNI:
DALLA POETICA DIALETTICA
Per Terragni la nuova architettura si deve misurare con la
storia.
Faceva parte del Gruppo 7 insieme ad Adalberto Libera, Luigi
Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Gino Pollini.
Recepisce il significato della tensione dinamica di
derivazione cubista e a profonda rivoluzione della trasparenza. Coglie il
significato dell’astrazione, ammira Le Corbusier, Mies, Gropius, Mendelsohn.
Sperimenta gli esiti tecnici ed espressivi del cemento armato. Ma
l’architettura del passato fa parte del suo patrimonio genetico.
Propensione al volume puro, a come l’architettura non può
che essere sentita come presenza artificiale che domina la natura.
Nel 1937 il regime mussoliniano si allineò con la Germania
hitleriana. Per i primi anni 30, tuttavia, si videro successi in architettura.
Gli aderenti al Movimento italiano razionale come Piccinato e Libera, risultano
vincitori per il concorso per la città nuova di Sabaudia e per le poste
all’Aventino. Altri due progetti di uffici postali nella capitale sono affidati
a Samonà e Ridolfi. Producono architetture funzionali, antiretoriche. Ma è
soprattutto l’esito del concorso per la Stazione di Firenze che diventa simbolo
di una situazione di rinnovamento. È la prima vera stazione moderna, pensata
unitariamente nelle sue componenti meccaniche e urbane, funzionali e plastiche,
aperta ai flussi della città, astratta nell’immagine ma capace di tessere
relazioni con l’esistente.
In Italia il fronte della nuova architettura si polarizza su
due interpretazioni. L’epicentro del rinnovamento è Milano, mentre a Roma
Marcello Piacentini opera nella Città universitaria e Luigi Moretti costruisce
il Foro Italico e la Casa della Scherma. A Milano lavorano Muzio e Ponti.
Negli anni di Terragni, la vocazione architettonica della
città può contare anche sulla vicenda di Sant’Elia, primo firmatario del
manifesto futurista.
Terragni coglie le implicazioni verso la forma e il volume
architettonico puro del clima figurativo suggerito dalla Metafisica, attratto
dalle compenetrazioni costruttiviste, dal senso astratto delle composizioni puriste,
dalla tensione dinamica dello spazio e dalla trasparenza. Aspira al tempo
stesso ad un’idea di volume e ad una poetica astratta e dinamica. Come Terragni
riesce ad innestare una componente arcaica nei suoi modernissimi capolavori?
Una sintesi così difficile, ha luogo nella sua opera più nota: La Casa del
Fascio.
La tradizione accademica, il contesto storico, la simmetria
delle facciate sono negate, sono abbandonati anche i dettami del linguaggio
purista e lecorbuseriano. Dal punto di vista spaziale organizza la pianta su
tre fasce parallele. Affronta il rapporto con l’ambiente storico con
l’astrazione assoluta. Un mezzo cubo perfetto e bianco. Un prisma astratto
senza basamenti, elevazioni, cornicioni che si riverbera in una piazza bianca e
liscia. La parete diventa un luogo architettonico, denso, stratificato, pieno
di significati espressivi, di incastri, slittamenti, gerarchie e spessori. La
Casa del Fascio vive di una apparente contraddizione: il progetto è basato
sull’uso della stereometria, la proporzione, lo spessore murario, che derivano
da una tradizione millenaria profondamente radicata in Italia, ma il mondo
espressivo è interno all’architettura contemporanea, al senso astratto della
composizione, per la dialettica tra struttura e infissi, per la profondità
dello spazio che vi viene racchiuso, per forza dinamica.
Guardiamo Villa Bianca, realizzata a Seveso. Modernissima e
arcaica, funzionale nella pianta e nei percorsi, violenta eppure ancorata al
suolo. Suggerisce l’associazione alle ville di Le Corbusier, gli elementi
lessicali sono in comune (nuovo volume, finestre a nastro, patio, rampa
esterna). Non c’è accordo o compenetrazione del volume e degli elementi
architettonici, la presenza del volume puro può convivere con la tensione
dinamica, astratta, asimmetrica e spaziale. La Villa Bianca, combina ed esalta
quell’idea di presenza senza tempo, di arcaicità che naviga nell’immaginario
della cultura italiana degli anni 30. La contraddizione tra modernità e
tradizione, tra tempio e macchina, tra simmetria e asimmetria, si pongono alla
base della ricerca progettuale.
Ma se la villa bianca si slancia nella natura senza
compenetrarsi, Terragni compie un ulteriore passo con l’Asilo di Sant’Elia.
Terragni sviluppa la piccola scuola (quattro aule, un refettorio,
la cucina e i necessari servizi di supporto), su un impianto già usato, la
pianta divisa in tre fasce. In questo progetto è interessato a sviluppare lo
schema funzionale con un accento naturalistico; la fascia centrale non è una
piazza interna di un regime, ma aria, luce, verde. Infanzia e natura devono
integrarsi, interagire. La compenetrazione tra dentro e fuori, la tensione tra
trasparenza e solidità, è proiettata dalla natura sull’architettura. Il blocco
compatto viene pervaso da una profonda riconsiderazione per le esigenze di una
natura assunta a parametro oggettivo (di luce, di aria, di protezione).
Terragni usa tutti i temi della rivoluzione della nuova
architettura, li combina sottilmente con la sua cultura e la sua storia.
MR. WRIGHT. LA
SOVRANITA’ DELL’INDIVIDUO
L’ orizzonte assume nella sua opera un peso decisivo:
l’orizzonte su cui convergere una visione concreta dell’architettura e della
natura, ma anche un orizzonte inteso in senso metaforico che direziona le mete
e i principi dell’esistenza. Nelle architetture di Wright è presente l’idea
ampia di orizzonte, di uno spazio senza cornice, senza confine.
In un arco di 60 anni circa realizza 600 opere e un migliaio
di progetti che possiamo far ricadere in 4 fasi:
-
La prima delle Prairie Houses (fino al 1909)
-
La seconda fino al 1932
-
La terza delle grandi invenzioni (fino al 1938)
-
La quarta che si conclude con la sua morte nel
1959
La parola chiave è “costitutional”, l’ornamentazione di un
edificio, la sua composizione, gli usi devono essere costituzionalmente legati
alla struttura a scheletro e alla sua tensione alla verticalità. La forma deve
seguire la funzione (funzione portante).
Wright conserverà per tutta la vita l’ammirazione per il suo
maestro Luois Sullivan, ma si differenzia da questo nel nesso struttura-architettura;
mentre in Sullivan la struttura e le scelte architettoniche sono dipendenti
l’una dall’altra, Wright li considera interdipendenti. Ciò che in Sullivan è
costituzionale, diventa in Wright organico, ciò che è scatolare per il maestro,
per Wright diventa antiscatolare, lanciato nello spazio.
Un concetto unico che pervade struttura, ornamentazione,
impianti e arredi. Le parti strutturali e non vengono a far parte di un unico
sistema di creazione e articolazione. Il rapporto struttura-riempimento, viene concepito,
sagomato volta per volta in ragione di specifici obiettivi.
Dalla prateria nasce la tensione alla sincerità che presiede
le scelte delle sue case: i materiali che si rivelano nella loro diversa
natura, il ruolo strutturante del centro attribuito all’articolazione della
zona del camino, sporgersi dei volumi e lo slanciarsi dei muri. Ambienti fluidi
che fanno scorrere la vita e non le chiudono in tante scatole. Spazio luce,
struttura e arredi si fondono. Wright rifiuta la griglia strutturale di Le
Corbusier, si oppone a questa la griglia spaziale. Un’orditura che regola la
geometria, le dimensioni, le strutture, le decorazioni, gli usi e gli spazi. È
giocando all’interno della griglia che si conformano ambienti, percorsi, forme
degli elementi, si articola la sezione e si spande l’edificio nell’intorno.
L’imprinting di Wright è il paesaggio dell’infanzia mitica,
le arature, la valle, l’orizzonte. La griglia è uno strumento di libertà. Ne
nascono moltissime opere dal 1893 al 1909 come la Robie House, la Martin o la
Coonley. Si chiude nel 1909 la fase delle Prairie che influenzerà numerosi
architetti europei. Lo slancio orizzontale, la purezza e la sincerità dei
materiali, la differenziazione tra schemi e struttura, la rottura della
scatola; un’architettura che si muove da dentro verso fuori.
Negli anni 20 costruisce poco, ma tra il 1932 e il 1938 lega
le proprie conquiste spaziali ai materiali nuovi (profilati, vetro e cemento
armato).
La sua grande città, Broadacre City che progetta dal 32 al
35, è opposta alla città lecorbuseriana, zonizzata per aree omogenee, di contrapposizione
tra parti, funzioni e volumi. Quella di Wright è pulsante, diffusa, immersa e
dispersa, organicamente calata nel territorio. Idea di paesaggio antropizzato
pulsante di attività, fasce funzionali che si combinano insieme, idea di
costruzione anche del verde.
Alla base vi è l’idea di abitare a bassa densità. Orienta la
propria ricerca verso il tema della casa a costo moderato. La casa Usoniana. La
geometria di base è sempre lo schema a “L”, grazie alla sua doppia direzione,
la L è estendibile nel tempo (basta ampliare l’edificio nelle sue braccia); è
suddivisibile in due ambienti (notte e giorno); è logicamente orientabile
rispetto all’irradiazione solare e al clima vista la sua struttura chiusa e
aperta. L’ingresso è al centro, all’incrocio tra le due braccia, il nodo di
distribuzione, cuore tecnologico e impiantistico. La proposta wrightiana sulla
casa usoniana rappresenta il sistema di interlocamento e di adattabilità, la
soluzione della costruzione modulare.
Momento decisivo dopo il 1932, verso l’astrazione.
L’architettura di Wright non sarà mai “oggetto” meccanico, ma “essere” vivente,
naturale. La tensione verso l’astrazione comporterà tre conseguenze essenziali:
-
Forza spaziale maggiore; piani e strutture, i
corpi si slanciano completamente liberati e librati nello spazio
-
Riduzione degli elementi iconici (tetti
spioventi, camini)
-
Presenza per contrasto dei diversi materiali
Il vetro, i profilati metallici, le plastiche, gli intonaci,
insieme al mattone e al legno, alle pietre, “parlano di per sè”.
Un edificio chiave è il Johonson Wax, come il Larkin a
Buffalo, l’idea di base è la creazione di uno spazio sacrale in cui la luce
dall’alto celebra il lavoro. Wright adotta qui un movimento libero e fluente,
in questo complesso compie una serie di invenzioni (ad esempio i pilastri ad
albero).
Il re-inizio di Fallingwater, non è solo rispetto alle
architetture precedenti, ma anche rispetto ad alcuni elementi fino a lì
elaborati. Con quest’opera Wright rifiuta innanzitutto la griglia, troppo forte
l’idea spaziale, di slancio, per essere reticolata. È il segno dell’individuo
che li lancia senza reti verso il nuovo della ricerca estetica. Rigenerazione,
rifondazione, ma in Fallingwater ritroviamo comunque tutti i temi wrightiani.
Il senso di espansione nello spazio, il significato della struttura come
conformazione dello spazio, rafforzata dall’uso del cemento armato, il senso di
costruzione centripeta a partire da un nucleo, la contrazione degli spazi e la
loro successiva espansione, sino a risucchiare l’esterno. L’architettura è
nuova, violenta, astratta e fortemente contemporanea. L’uomo contemporaneo
costruisce la propria idea di natura.
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